
Immaginiamo che uno storico del 2100 voglia ricostruire la storia dei primi 10 anni del 2000. Comincia a cercare le fonti e si imbatte in una chiavetta USB.
Con grande fatica reperisce un adattatore e inserisce la chiavetta. A quel punto si accorge che i dati sono più illeggibili del lineare A minoico trovato sull’isola di Creta.
Potrebbe sembrare un paradosso ma un testo scritto su: pietra, pergamena, papiro, carta è più facilmente conservabile di qualsiasi fonte digitale senza controparte fisica. Un disco rigido infatti è facilmente corruttibile dal tempo e i dati, leggibili solo tramite un software dismesso, sono indecifrabili senza di esso. Ogni volta che supporti e programmi cambiano, perdiamo migliaia di dati.
Uno studio pubblicato su “Current Biology” ha calcolato che si sono persi più del 80 per cento dei dati alla base delle ricerche di articoli scientifici publicati negli anni Novanta. Il nostro storico del 2100 farebbe fatica anche a reperire questo articolo, pubblicato esclusivamente sul World Wide Web se non fosse per associazioni come l’americana Internet Archives, nata nel 1996 con lo scopo di archiviare il web.
In compenso la digitalizzazione delle fonti permette già oggi, e permetterà sempre di più in futuro, di semplificare il lavoro dello storico. Immaginate di dover fare una ricerca sugli imperi coloniali. Per consultare fonti originali dovreste prepararvi a fare il giro del mondo, ma se queste fonti sono digitalizzate potrete accedervi comodamente da casa
Buona lettura.
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scritto da: Sebastiano Nicolò Maria Mazzini
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